PATRIA, Fernando Aramburu

Mi sono avvicinata a questo libro, prima che diventasse un caso letterario, in Spagna e ora anche in Italia, incuriosita da un articolo nel El País sull‘autore basco, Fernando Aramburu, vincitore del Premio Nacional de Narrativa, con la motivazione di “aver saputo scrivere un romanzo globale sugli anni convulsi nei Paesi Baschi”.

Patria parla infatti di una realtà, per certi aspetti scomoda e   non da tutti così conosciuta e ci rivela le due prospettive di una Spagna durante e dopo il terrorismo dell’ETA .

E’ un romanzo esteso che abbraccia 40 anni di storia di due famiglie, un tempo amiche e che poi hanno dovuto affrontare un lacerante conflitto. La loro storia parallela è la ricerca discontinua di un perdono, di una riconciliazione. Due donne sono a capo delle due famiglie: Miren e Bittori che dominano i rispettivi mariti (Txato, la vittima di un attentato dell’ETA e Joxian).

La rigorosa cronologia degli eventi, lascia spazio a una successione più emozionale degli eventi. Anche la responsabilità narrativa risulta più libera, con passaggi continui da una prima persona narrativa a forme di stile indiretto libero e l’incombenza   di un narratore che tutto dirige e organizza. Dettagli, dialoghi, ricordi e pensieri, scrittura rapida e colloquiale: una prosa diretta.

Aramburu sembra voler ricercare con una grande precisione i meccanismi psicologici dei personaggi tanto che in molti punti del romanzo i concetti sono espressi in forma alternativa o complementare, separati da una barra: “si indignò/si inquietò”.

Patria si rivela così un lungo racconto corale, ricco di storie, pieno di umanità e di emozioni che ricostruisce un passato che ha lacerato un intero Paese.