FIORI SUL BALCONE, Alessia Balan

“Cape Cod Morning“, 1950, Hopper

Rimaneva affacciata alla finestra della sua camera, la mattina, appena sveglia. Era la radio, voce di sottofondo delle sue giornate, a ricordarle la data precisa e a scandire il passaggio da un’ora all’altra.

Se avesse avuto un balcone, o meglio ancora, un terrazzo, avrebbe potuto sporgersi un po’,  lasciare che una brezza d’aria le scompigliasse i capelli. Qualche anno prima, invece, la paura per i frequenti furti nella zona, l’aveva convinta a installare delle inferriate e quindi quella finestra ora le imprigionava lo sguardo e le restituiva una visione frammentata della via principale.

Ora, però, un’altra paura aveva scalzato la prima, una minaccia invisibile che se ne infischiava di ogni ideologia ed eroismo e in nome della quale, ogni persona era disposta a concedere una parte della sua libertà. 

Avevano iniziato dicendo che le persone anziane erano le più esposte al contagio, ma poi avevano esteso sempre più quella fascia di età e Claudia non se ne sentiva più così esclusa. Stava in bilico, come del resto lo era da un po’ di tempo nella sua vita.

A lei che non aveva più voglia di scegliere, quella situazione, in fondo, regalava un inaspettato tempo sospeso. Non avrebbe dovuto decidere subito di cambiare lavoro e lasciare quell’azienda che ormai le aveva prosciugato le energie e in cui si sentiva ogni giorno più imbruttita. Magari avrebbe potuto cambiare addirittura settore e, perchè no, fare la fiorista. Lei adorava le piante e i fiori: avrebbe avuto qualcosa da accudire, curare e veder crescere.

Quell’attesa forzata la costringeva soprattutto a mettere in pausa anche la storia con Davide. Un “amore altalena”, così lo definiva la sua amica Clara. Come tutti gli amori clandestini, in quella situazione, anche la loro storia aveva dovuto sottostare ai divieti di uscita. 

Un’epidemia impone una forzata moralità: riporta i mariti in famiglia e costringe l’amante dietro le quinte. 

Si ritrovò a vivere, da sola, con un’altra scansione del tempo, un vuoto da riempire, lunghi silenzi da ascoltare.  Quella reclusione aveva ridefinito anche i suoi confini: pochi metri quadri che, certi giorni, andavano via via rimpicciolendosi fino a farla sentire di essersi ritirata ad abitare se stessa.

A farle compagnia c’erano le videochiamate con Clara e con la madre, il caffè condiviso online con le amiche di sempre, qualche lezione di yoga. Strategie di quotidiana resistenza.  

Era stato necessario ridefinire una routine dato che non doveva andare al lavoro,  né alzarsi ogni mattina alle sei, scegliere indecisa cosa indossare, pranzare con le colleghe o avere un appuntamento inatteso con Davide.

Si era imposta comunque di truccarsi ogni mattina, mettersi qualcosa di carino, fosse solo per non apparire sciatta in una videochiamata. In fondo, era soprattutto quella chiamata che aspettava e per la quale voleva farsi trovare pronta. Per Davide era difficile, quasi impossibile, però poterla contattare: lui viveva un altro confinamento, familiare, in un equilibrio fragile che si sforzava di mantenere. 

Gli manco? Starà pensando a me? Che domande adolescenziali in quell’attesa con poche certezze. Anche le parole rincorrevano a fatica una nuova realtà: quelle azioni che poco tempo prima appartenevano alla sfera del mondo abituale, erano diventate espressioni astratte: abbracciare, salutare, baciare, ballare…Reale e virtuale non erano mai stati così confusi…

“Ciao, come stai? Mi dispiace ma non sono riuscito a chiamarti prima. E’ difficile, ora che dobbiamo stare tutti in casa. Mi manchi…”

La sorpresa di quella chiamata una sera alle dieci. Davide era riuscito a uscire con la scusa di portare fuori il cane.

“Avevo bisogno anch’io della tua voce. Mi sembra tutto così lontano…”

“Noi ci siamo sempre, di questo non devi dubitare. Quello che siamo l’uno per l’altra non è cambiato e ora ne sono più convinto che mai. Ricorda che presto staremo comunque vicini ” l’aveva rassicurata David.

Claudia avrebbe voluto avere la sua stessa fiducia, ma il timore si era insinuato nella sua vita con una contagiosità più subdola di un virus.

“Ti richiamo appena posso. Ti amo, sempre.”

 

Altri giorni erano passati, con la stessa monotona scansione che portava a confondere un lunedì’ con un venerdi, perché erano in pausa anche le aspettative.

Aveva iniziato a sistemare i cassetti, segno di un tempo che lasciava ore da srotolare e ricomporre come gomitoli. Non c’era molto, in realtà, fuori posto. Riordinare la biancheria, sistemare il cassetto della scrivania, ripiegare i maglioni, riporre scatole, riorganizzare la libreria. Tutte azioni che cercavano di dare un ordine esterno, un senso compiuto a un mondo che fuori stava perdendo le sue coordinate.

In uno di quei pomeriggi di riordino meccanico, ritrovò nel cassetto un completo intimo che le aveva regalato Davide. Lo guardò con un sorriso malizioso perché ricordava bene l’occasione in cui lo aveva inaugurato. Era stata la loro prima notte insieme, e non un’ora rubata in una pausa pranzo o dopo lavoro. Claudia lo aveva raggiunto a Venezia dove Davide era andato per un importante incontro di lavoro. Avevano scelto però un piccolo hotel carino, vista Canal Grande, ma discreto. Davide si era rivelato un compagno così appassionato, romantico e lei stessa si era riscoperta una donna passionale  e istintiva. Davide aveva il potere di far abbassare ogni sua resistenza, attenuava il suo bisogno di controllo e di perfezione. Era il giusto disordine nella sua vita e lei se ne era pazzamente innamorata. Era un amore fatto di baci rubati, sguardi furtivi, bruciante desiderio, sfiniti amplessi, ma anche di lunghe pause obbligate, colmate da messaggi e qualche telefonata. La crescente insofferenza di Davide per la sua situazione  familiare – ormai, diceva, vivevano da separati in casa – e, dall’altra parte,  l’intesa che via via li stava unendo, li aveva portati, negli ultimi tempi, a pensare oltre il  presente. Avevano azzardato un tempo futuro nei loro discorsi, comparivano qua e là, timidamente, espressioni come “un domani”, “la prossima estate”. Soprattutto un fatto, una piccola trasformazione aveva colpito Claudia: “tu” e “io” stavano diventando un “noi”.

La pandemia era arrivata proprio in quel momento della loro storia: poteva segnarne la svolta  definitiva o la sua regressione. Certo, quando ci pensava, si rendeva conto che in quella realtà di mondo alla deriva, di morti e sofferenze, di macabri conteggi e rimpalli di responsabilità, le aspettative sentimentali delle singole persone si riducevano a piccole cose, sembravano stonate e fuori  luogo. Non lamentarsi e ancorarsi alle poche certezze del ricordo era stato quindi l’imperativo che si era data  Claudia.

Ritornava ad affacciarsi, in altri momenti del giorno, ma questa volta sceglieva il balcone della cucina, finalmente libera da grate.. In più occasioni, a diverse ore del giorno, le era capitato di incrociare il saluto di un’anziana signora del palazzo. Non ricordava di averla vista prima, forse solo perché di solito Claudia era poco a casa o, come si stava accorgendo ultimamente, prima faceva meno attenzione alle cose e alle persone. All’inizio, si erano salutate con un cenno della mano, poi era stata la signora anziana, Amalia, così si era presentata a distanza, a introdurre un “Buongiorno”, “come va?”, “che bella giornata di sole oggi”. A Claudia colpiva quel sorriso sempre presente nel volto di Amalia, che sembrava affrontare con serenità quella reclusione forzata che a lei, invece, risultava sempre più stretta.

Claudia aveva notato che Amalia era puntuale nell’ annaffiare ogni giorno le piante che aveva sul davanzale: versava l’acqua lentamente e accompagnava il gesto con alcune parole, poi toglieva le foglie ingiallite e si congedava con un saluto dalle sue piante.

Altre volte, invece, Amalia si affacciava sempre a quella finestra, si sporgeva e fissava un punto preciso, sembrava proprio la finestra del condominio di fronte. Rimaneva lì in attesa. Claudia avrebbe avuto la curiosità di aspettare e vedere cosa succedeva, ma si rese conto che poteva sembrare poco educato spiare da lontano quella cara signora. 

 

Una mattina Claudia scese a fare la spesa settimanale, unico svago al momento consentito, nel market lì  vicino. Una volta, – in realtà solo alcune settimane prima, ma il tempo era oramai sottoposto ad altre unità di misura – fare la spesa lì era l’occasione per incrociare qualche condomino, scambiare una battuta con i vicini, commentare la giornata con Marta e Gina, la storica commessa. Ora, invece, Gina era rimasta a casa dal lavoro per accudire l’anziana madre in quarantena, e il negozio sembrava svuotato di umanità: tante figure mascherate, asettiche, distanziate l’una dall’altra, racchiuse nel loro guscio, avanzavano un passo alla volta in una fila silente, per conquistare il bancone dei formaggi e della verdura, disinfettare le mani, indossare i guanti, ordinare, pagare e fuggire via, al sicuro nelle loro case. Gli sguardi erano diventati sfuggenti e indagatori, pronti a cogliere il sia pur minimo accenno di pericolosità dell’altro: anche la parola proferita era un atto insidioso.

Claudia prese poche cose, giusto il necessario per qualche giorno e per avere poi il pretesto di dover scendere per un’altra uscita consentita. Mentre usciva dal negozio, vide da lontano Amalia che riceveva delle provviste da un giovane volontario, davanti al portone. L’anziana signora lo ringraziò, sollevando la mascherina, quasi a voler provare con un sorriso la sua gratitudine per quel prezioso aiuto. Poi, prima di tornare in casa, Amalia aveva attraversato la strada con la borsa della spesa fino al condominio di fronte. Una volta lì, aveva estratto dalla tasca del suo cardigan di lana un pacchettino, aveva esitato un attimo e poi l’aveva fatta scivolare nella buca della posta del suo destinatario. 

Claudia aveva osservato incuriosita, ma non ci aveva poi più pensato, fino a quando non le capitò di assistere allo stesso gesto alcuni giorni dopo. Lì per lì però non seppe darsi una spiegazione e rimase con quella curiosità insoddisfatta. Aveva già notato come in quella condizione di realtà ridimensionata, di confini ristretti e spazi rimpiccioliti, anche piccoli gesti o cambiamenti diventassero degli eventi degni di nota. Il dettaglio, in fondo, era solo un modo diverso di percepire la realtà.

Claudia si mise a seguire anche un corso di fitness online insieme a un’amica: l’esercizio fisico, quello sforzo di sudore e muscoli la faceva sentire bene.  Il pensiero e la voglia di Davide però tornavano a farle visite sempre più di frequente. Erano riusciti a fare una videochiamata e si erano ritrovati entrambi impacciati di fronte a quello schermo che faceva da barriera al loro desiderio di parole e abbracci. Davide le aveva detto che trascorreva le sue giornate praticamente rinchiuso nel suo studio a lavorare al pc ed evitava ogni contatto con la moglie. Parlava solo con suo figlio, si vedevano qualche film insieme, ma poi anche lui, adolescente e inquieto in quella reclusione forzata, rivendicava lo spazio solitario della sua camera. Si erano creati, in un tacito silenzio, dei turni familiari, in cui a pranzo madre e figlio mangiavano insieme, mentre la sera era Davide a cucinare e a cenare con il figlio. Un equilibrio davvero sottile di regole territoriali non scritte.

–  Mi manchi tremendamente. Ho capito che appena tutto questo finirà, dobbiamo costruire il nostro tempo insieme…la vita è troppo preziosa per sprecarla lontani l’uno dall’altra.

L’aveva commossa, le avevano dato forza quelle parole, erano una finestra aperta sul loro futuro.

 

Una mattina Claudia scese a prendere il pane. Mentre aspettava nella fila ordinata e silenziosa, si accorse che un anziano signore, alto e distinto la osservava. Quando stava per aprire il portone del palazzo, rivide quel signore avvicinarsi a lei:

“Buongiorno, mi scusi se la disturbo, ma ho visto che lei vive in questo palazzo. Io abito giusto  in quello di fronte. – fece una pausa – non mi sono presentato, sono Alfonso.

“Piacere Alfonso, mi chiamo Claudia. 

Una presentazione senza stretta di mano secondo il nuovo protocollo di relazioni sociali.

“Le volevo chiedere se, per caso, conosce la signora Amalia.”

“Beh, non è che proprio la conosca, ma ci siamo presentate qualche tempo fa da un balcone all’altro e ora ci scambiamo un saluto ogni mattina. Perché me lo chiede?”

Alfonso sorrise e quasi si emozionò dietro gli occhiali e la barba grigia. 

“Sa, oggi non è scesa per la posta…. “

“Forse se ne è dimenticata o lo farà più tardi”. – minimizzò. 

“E’ che avevamo un orario, una nostra routine…”

“Provi a chiamarla allora… “- suggerì Claudia, non avendo ancora chiara la situazione.

“Ma non vorrei disturbare…abbiano i nostri orari. Di solito ci chiamiamo la sera, alle nove quando il tempo e il silenzio sono ancora più pesanti. Accendiamo ciascuno la luce della cucina e questo è diventato il nostro segnale di chiamata. Sa, siamo all’antica, non abbiamo i vostri telefoni tecnologici, usiamo il fisso.”

“E’ bello però tenersi comunque in contatto di questi tempi…”

“Sì, siamo vedovi entrambi e senza figli. In questi mesi siamo diventati l’uno la famiglia dell’altro. ” Che strano eco facevano quelle parole nel cuore di Claudia.

Lei gli sorrise e questo incoraggiò Alfonso che si sentì in dovere di spiegare.

“Una volta la settimana, Amalia mi fa trovare un pacchettino con un biglietto nella buca delle lettere. Una volta ho trovato dei biscotti a forma di cuore fatta da lei, ricoperti di zucchero a velo, in una scatola di latta. Un’altra volta, c’era un fazzoletto ricamato con le mie iniziali. L’ultima volta, sa cosa mi ha regalato?”

“Non saprei…”

“Ci ho trovato il seme di una pianta di tulipano,  uguale a quello che ha Amalia nel suo balcone.”

“E’ vero, ho visto con che cura e tenerezza Amalia si occupa delle sue piante. – esitai e poi gli chiesi – però non capisco ancora il motivo della sua preoccupazione.

“Perché oggi sarebbe stato il giorno del pacchetto e, invece, non è arrivato nulla. “

Capii la delusione di quell’uomo che affidava le sue ore a quell’attesa tanto cara.

“Forse, allora potrebbe essere un buon motivo perché lei anticipi la telefonata, così sente come sta.  – e aveva aggiunto – in questo modo Amalia capirà quanto lei ci tiene a quell’appuntamento e quanto le è affezionato.”

“Ha proprio ragione. Ci si abitua troppo facilmente alle belle cose, anche da vecchi e ….basta un inciampo, tutte le certezze sembrano crollare.”

“E’ il momento di trovare il coraggio ” le uscirono spontaneamente quelle parole e il volto di Alfonso si illuminò di una nuova speranza.

Claudia si congedò da Alfonso e dalla tenerezza di quel nuovo amore  sbocciato su un balcone. 

Fece un paio di videochiamate con amiche e si preparò una cena semplice che mangiò guardando il telegiornale. Mentre spreparava, si chiese se Alfonso avesse poi telefonato ad Amalia e quale fosse stata la giustificazione di lei per aver disatteso al loro  rituale.

Arrivarono le nove e, istintivamente, Claudia si affacciò alla finestra, ma non vide nessuna luce accesa provenire dalla casa di Amalia. Si stese sul divano con l’intenzione di finire il romanzo che stava leggendo. La interruppe la notifica di un messaggio di Davide. Le inviava una foto della luna piena, vista dal suo balcone. “Hai visto che luna? Risplende su di noi … Vorrei essere altrove e affacciarmi con te al nostro balcone”, le aveva scritto.

Claudia si alzò e tornò alla finestra: era vero, la luce di quella luna custodiva la notte con un’insolita tenerezza e sembrava congiungere i loro cuori lontani. 

Il giorno seguente Claudia uscì per prendere il giornale. Si sentiva di buon umore: si era vestita con cura, truccata e aveva messo anche un rossetto rosso, che sarebbe rimasto nascosto sotto la mascherina. Mentre faceva ritorno al suo palazzo, scorse un uomo entrare nel condominio; portava a fatica due borsoni in entrambe le mani. Dalla statura e dal cappotto che indossava riconobbe Alfonso, ma quando lei giunse all’ingresso di lui non c’era più traccia, probabilmente era già salito in ascensore.

Claudia rientrò nel suo appartamento e si preparò una pasta; poi si mise a leggere il giornale sul balcone, per godere di quel tiepido sole e di uno spicchio di cielo. Ogni tanto però sollevava lo sguardo verso il balcone di Amalia, con l’impazienza di uno spettatore che attende con trepidazione il seguito della sua serie del cuore. La curiosità fu presto appagata.

Vide affacciarsi  Amalia e dietro di lei apparve, al suo fianco,  Alfonso. Si accorsero subito di Claudia, anzi, sembravano averla cercata con lo sguardo. La salutarono con un radioso sorriso. 

“Buongiorno, Claudia! Qui tutto, bene grazie.”

Claudia ricambiò il saluto e notò che era spuntata un’altra pianta di tulipani nel balcone di Amalia.

 

Quando il giorno seguente scese per una commissione, passò a ritirare la sua posta. Vi trovò un  pacchettino, avvolto con della carta di giornale. Dentro c’erano dei biscotti in una scatola di latta rossa e un biglietto: 

“ Grazie Claudia per averci dato il coraggio di non avere rimpianti. L’amore sa essere ostinato e può diventare più forte di ogni paura. Amalia e Alfonso”.