Largo pétalo de mar, Isabel Allende

E’ l’ultimo romanzo di Isabel Allende, una delle letture che mi ha accompagnato in questa lunga quarantena. Questa storia appassionante ci porta  in un viaggio attraverso la storia del secolo XX, dalla Spagna, divisa e straziata dalla Guerra Civile, ai campi di concentramento dei rifugiati spagnoli in Francia, al viaggio verso un nuovo futuro a bordo della Winnipeg, organizzato da Pablo Neruda per portare gli esuli spagnoli in Cile. E’ proprio il poeta cileno a definire il suo paese “un lungo petalo di mare“. Qui il medico Victor Dalmau e la giovane pianista Roser trovano accoglienza e la possibilità di ricominciare. Si integrano nella vita sociale, lavorano, amano, fino a che  un’altra dittatura, quella di Pinochet, li costringe a un nuovo esilio.

In questo romanzo, quindi, storie personali si intrecciano e sono segnate dalla Storia. E’ un romanzo che parla di radici e di esilio, di memoria e di paura di ricordare; di guerra e di pace ritrovata; di forti passioni e di amori solidi e maturi; di madri e di figli, di partenze e di ritorni; di incontri e abbandoni; di lealtà e tradimenti. I titoli stessi delle tre parti in cui è suddiviso il romanzo sanciscono questa scansione:  Guerra y éxodo, Exilio, amor, y desencuentro; Retorrno y raíces.

“Mi vida ha sido una serie de navigaciones. (…) he sido extrajero sin saber que tenía raíces profundas.” (Largo pétalo de mar, ed. Plaza Janés , p.373)

“Los acontecimientos más importantes, los que determinan el destino casi siempre escapan por completo a nuestro control. (…) No escogí nada simplemente me tocó.”  (Largo pétalo de mar, ed. Plaza Janés , p.374)

Il romanzo si chiude con la speranza e la tenacia dell’ uomo che non rinuncia a un’altra possibilità di intraprendere ancora una nuova navigazione perchè:

“Los humanos somos criaturas gregarias, que no estamos programados para la soledad, sino para dar y recibir.” (Largo pétalo de mar, ed. Plaza Janés , p.375)