La gioia, all’improvviso di Manuel Vilas (tit. originale Alegría) è un romanzo autobiografico in cui non c’è un intreccio, ma un flusso di ricordi che si sovrappongono al presente. In questo lungo diario di viaggio, l ‘io narrante è un uomo che convive con la depressione che lui chiama Arnold Schonberg, dal nome del compositore di musica dodecafonica. Anche agli altri personaggi reali nel romanzo viene assegnato un nome prima di musicisti e poi di attori famosi: la compagna americana è Mo, diminutivo di Mozart e i due figli Bra e Va (come Brahms e Vivaldi). Il protagonista è spesso in viaggio negli Sati Uniti e in Europa e in questo peregrinare deve fare i conti con le sue inquietudini, le ansie, le paure e soprattutto con quelle assenze che abitano la sua vita e il suo romanzo: la perdita dei genitori. Il legame genitoriale tanto del protagonista come figlio che come padre è al centro del libro. Nei viaggi che compie soprattutto per la promozione dei suoi libri, Vilas è alla ricerca di incontri che gli svelino e lo riconducano al passato dei suoi genitori e della sua famiglia. Ecco allora il bisogno del ricordo come fonte di bellezza e di gioia.
“L’unico modo per vivere in pace, all’età che ho io, è respirare un po’ di bellezza. Forse la bellezza che arriva dal passato, come se fosse una fede o una religione. Se lo adoriamo, se ne facciamo un oggetto di culto, come faccio io, il passato ci invia un po’ di gioia velata” (p. 328)
Nella narrazione, c’è un continuo rimando al passato e la memoria diventa un’ancora di salvezza che suggella tutta la bellezza e le gioie vissute e idealizzate:
“Il passato appare davanti ai miei occhi come un vascello fantasma, che salpa le ancore, che mi dice addio, ma non se ne va mai del tutto. È così che finisco per contemplare milioni di tempi passati di altri esseri umani che sono svaniti” (p. 35).
Il continuo richiamo alla figura del padre e della madre, riporta Vilas prima alla condizione di figlio e poi, per confronto, alla condizione di marito e padre che confessa un amore incondizionato per i suoi figli. Come ripete nel libro, il ricordo ha una funzione rivificante, “se non li riporti, muoiono di più” (p. 215), con la piena consapevolezza che quella tra genitori e figli “è una storia d’amore che non finisce mai” (p. 317).
In La gioia, all’improvviso emergono anche tematiche più personali come la paura della morte, la fragilità emotiva, la solitudine e il tormento di certi fantasmi a cui si accostano alcune considerazioni sul mondo attuale, soprattutto una visione critica del capitalismo e del modello di società in cui viviamo, ma non mancano anche citazioni letterarie (Hemingway, Proust, Lorca …).
Alla fine di questo viaggio, vince la consapevolezza annunciata proprio all’inizio del libro:
“Tutto ciò che abbiamo amato e perduto, che abbiamo amato moltissimo, che abbiamo amato senza sapere che un giorno ci sarebbe stato rubato, tutto ciò che, una volta perduto, non è riuscito a distruggerci, per quanto abbia insistito con forze sovrannaturali e abbia perseguito con impegno e crudeltà la nostra rovina, finisce, prima o poi, per diventare gioia. ” (p.9)
grazie per il suggerimento